Pur avendo meno di tremila abitanti, Bettola è un comune così ricco di storia e mistero, da far invidia a territori ben più popolosi. Vediamone alcuni.
L’insolito stemma
Proviamo ad osservare il blasone del paese. Tra una corona merlata ed una coppia di rami di alloro, mostra una giovane donna, bionda e completamente nuda,i cui piedi poggiano al centro del fiume Nure. E, se la sua mano destraimpugna il morso di cavallo, la sinistra regge un lungo nastro svolazzante con la curiosa scritta “ORA DI LIBERTA’ GIA’ FUI DI FRENO”.
Già… ma la donna chi sarebbe? Per molti non vi è alcun mistero, perché si tratta della personificazione di Bettola,che tiene “a freno” i paesi vicini (rappresentati dalle torri) che si affacciano sulle rive del corso d’acqua. Sì, perché la storia narra che un tempo le popolazioni della zona, capeggiate da famiglie rivali, amassero darsele di santa ragione. Ma raccontapureche, ad un certo punto, ci fu una pacificazione e che il merito fosse stato di una giovane popolana dai capelli biondi di nome Giulietta, poi divenuta la personificazione di Bettola stessa. Ed è a ciò che farebbe riferimento la frase “GIA’ FUI DI FRENO”, alla quale si aggiunse, forse inepoca napoleonica, il pezzo “ORA DI LIBERTÀ”.
Ma sorge spontanea una domanda, o meglio un piccolo mistero da soddisfare. Possibile che l’immagine di una donna completamente nuda, con i seni turgidi e prosperosi, non abbia scatenato qualche polemica di ordine morale? Infatti,le discussioni non sono mancate… la storia racconta di quel 4 maggio 1959 quando ci fu un acceso dibattito e dove furono in tanti ad esigere la modifica dello stemma considerato indecoroso. Il tutto avvenne per sostituire l’indecente fanciulla con l’immagine di Cristoforo Colombo. E come mai proprio il mitico navigatore? Perché, secondo una certa versione della storia, i suoi genitori sarebbero originari proprio di Bettola. E, come vedremo, è ben più di una semplice curiosità, piuttosto un vero e proprio mistero non completamente sondato.
Comunque sia, in attesa di una decisione che tarda a venire, la bella fanciulla continua imperterrita ad esibire le proprievoluttuose grazie…
Qui nacque Cristoforo Colombo?
Che dire del mistero, perché di questo si tratta,a proposito di Cristoforo Colombo, a cui abbiamo appena accennato? Sì, perchéil famoso scopritore dell’America non era né genovese e né portoghese. Ma piacentino…
Almeno, è la storia che sostengono gli abitanti di Bettola, convincimento confermato da un bel monumento in suo onore inaugurato nella grande piazza del paese a quattrocento anni dalla scoperta del Nuovo Mondo.
E c’è anche una targa marmorea posta nella chiesa che si affaccia sulla stessa piazza che parla di Cristoforo Colombo come di un “nostro conterraneo”.
L’idea prende forza dalla presenza nella vicina località di Pradello di una torre trecentesca, detta “Torre del Colombo”, solitamente indicata come la casa dei genitori del navigatore. Ma anche dal fatto, di cui parla la storia, che il padre Domenico possedesse terre nella zona, prima di trasferirsi nella città di Genova. E come dimenticare che FelipaMonizPerestrello, cioè la moglie del navigatore, aveva radici piacentine (il padre Bartolomeo da Piacenza si era trasferito ad Oporto)?
Insomma, Cristoforo Colombo sarebbe nato a Bettola (anche se, non ci sono prove evidenti in tal senso, quindi il mistero rimane). Lui stesso fu sempre molto evasivo sulle sue origini (chissà il perché…). Ma va anche detto che al figlio un giorno scappò detto, che il padre era piacentino.
Comunque, è bene ricordare che, per la storia ufficiale, “Cristoforo Colombo è nato a Genova il 31 ottobre del 1451 da Domenico e Susanna Fontanarossa, lanaioli”.
Già… ma c’è anche chi contesta la realtà del suo nucleo famigliare. Sì, perché “si dice” che fosse il figlio naturale di una donna ebrea della famiglia Pallastrelli (ma c’entra con quella della moglie, la già citata Perestrello?). Di nome Susanna, solo successivamente sarebbe andata in sposa a Domenico, padre ufficiale di Cristoforo.
Morale, Colombo potrebbe essere stato metà ebreo e di padre sconosciuto… già… ma credo che la curiosità di sapere come siano andate davvero le cose è destinata a rimanere insoddisfatta. Mistero è, e mistero rimarrà, probabilmente.
Quando la Madonna ordina
La storia racconta che dalle parti di Bettola è il mezzodì di un giorno imprecisato del 1410 quando appare la Madonna fra i rami di una quercia secolare. Tutto nasce dalle affermazioni di una giovane pastorella, che lì sta badando ai propri armenti. Anzi, specifica che è circondata da una luce abbagliante e che tiene in braccio il Bambin Gesù. Insomma, un bel mistero.
E la Vergine, immediatamente, “attacca bottone”. Ma, contrariamente alle Sue abitudini, non invita a pregare ed a comportarsi come Suo Figlio ha stabilito. Piuttosto esige che, proprio dove ora si trova, venga costruita una chiesa. “E chi paga?”, verrebbe da chiedersi. Ma la Madonna non abbandona i Propri figli, e specifica anche questo. Saranno i notabili della zona e i frati del vicino convento ad accollarsi la sua erezione.
Naturalmente, la ragazzina obbedisce. Ed altrettanto naturalmente non viene creduta. Così, si reca nuovamente alla solita quercia per riferirLe il no deciso dei propri interlocutori. Ma la Vergine, che riappare puntualmente, non è ovviamente per nulla contenta del riscontro. Così, ordina alla fanciulla di tornare dagli uomini di poca fede e di mostrar loro una certa cosa. Che sicuramente li convincerà, oltre ogni ragionevole dubbio.
Ed ecco che corre di nuovo a perdifiato dai notabili e dai religiosi. Che alla sua vista, alzano gli occhi al cielo, come a dire “ve chi c’è, ancora qui a rompere con una storia che non sta né in cielo e né in terra”. Ma l’ironia dura poco. Perché la pastorella allunga le mani verso di loro e dalle punte delle sue dite escono niente meno che delle lingue di fuoco. A quel punto, gli uomini, impauriti e increduli, si inginocchiano davanti al manifestarsi di un mistero che pare venire direttamente dall’empireo e,con gli occhi gonfi di lacrime, chiedonoimmediatamente perdono alla Vergine per non aver subito creduto alle Sue sante parole (seppur per interposta persona).
Bene, ma a questo punto della storia, cosa fanno?
Si recano tutti insieme alla famosa quercia per “rendersi conto dei lavori da fare”. E lì anche i pochi dubbiosi vengono convinti da un misterioso evento aeriforme: un intenso profumo di rose, ovviamente non presenti.
Così, sul luogo dell’apparizione viene (finalmente) costruita una chiesetta. Ed in più, viene costruito un convento dei francescani. I frati si prendono cura della famosa quercia e di una statua lignea della Madonna realizzata a memoria dei fatti).
E, a quel punto, via alla solita fiumana di gente, spinta anche dal mistero dei dodici miracoli che in quel luogo pare siano davvero avvenuti.
Poi, con il tempo il convento viene soppresso e la chiesa abbandonata. Mentre la statua della Madonna finisce inizialmente nella chiesa di san Giovanni, costruita agli inizi del Seicento, poi, durante l’Ottocento, nel nuovo santuario, quello oggi presente.
Ancora ai nostri giorni, la “Madonna della Quercia” riscuote molta devozione, anche perché Le si riconosce, oltre ai già citati miracoli, il merito della cessazione di una epidemia e l’arresto di una frana che un tempo incombeva sulla frazione di San Giovanni.
Ma fra tante costruzioni, possibile che ne manchi una sul luogo del mistero, cioè dell’apparizione? Infatti non manca… sì, perché in località Colle dei Frati, sorge la Cappella dell’Apparizione, fatta costruire da monsignor Luigi Bottazzi nel 1954. E all’interno della cappella fa bella mostra un mosaico che racconta la scena dell’apparizione. Quindi, ecco la pastorella che guarda la Vergine la quale, dall’alto della solita quercia, le dice quanto dovrà riferire agli uomini “che contano”. Però non è un cartone animato, quindi manca il resto della storia. Ma il fedele non ne ha bisogno, la conosce bene…
San Boceto, il mutilo castello
Io e mia moglie Thea siamo al castello di Erbia, in una calda giornata estiva. Un luogo sperduto in Val Perino, che si raggiunge lasciata la graziosa Bettola. Occorre, dunque, percorrere una strada asfaltata stretta e tortuosa ed infine un sentiero sterrato privo di indicazioni (il che non aiuta a trovare la corretta via… ma anche questo è il fascino di occuparsi del “mistero”). Ma prima “due parole” sulla sua storia.
Pare, dunque, che la località ed il relativo castello abbiano avuto diversi nomi. Da Herbia a Nebbia, per finire con Nebla. A voler dar ragione ad una scritta, che si troverebbe nella torre, il castello sarebbe stato edificato nel XV secolo grazie a tal Pietro Nicelli. Poi il susseguirsi di tanti proprietari, come la famiglia dei Camia.
Ora è privato, chiuso e fatiscente.
Ma si può parlare di mistero? Difficile dirlo, perché un’alta recinzione metallica ed una infinità di cartelli vietano l’accesso alla struttura. E dalle maglie della rete metallica gli occhi cadono solo su una fitta boscaglia, che a sua volta nasconde la parte inferiore del castello e sopra la quale sbucano gli scheletri delle mura ed i pinnacoli delle derelitte torri. Dove,quella più maestosa, paventa tracce di un incendio. Dunque, il modo migliore per osservare la struttura è allontanarsi di alcune centinaia di metri e ritornare sullo sterrato che si congiunge alla strada asfaltata.
Ma se non è possibile un controllo diretto, a parlare di mistero nel senso classico del termine, è forse la letteratura? Non proprio. Questa, piuttosto, ricordadei massacri.
Come nel 1500, quando la storia racconta che il marchese Gian Battista Nicelli, convinto che il padre fosse stato decapitato dalla famiglia Camia, fece catturare Giovanni Camia detto “il Grosso”, ultraottantenne. Poi, lo torturò per un giorno ed una notte, terminando la sua vita inchiodandolo ad una croce e spellandolo vivo. Ovviamente i Camia per ritorsione devastarono il castello…
Ma, prima di lasciare il sentiero che porta al maniero, non si può non soffermarsi su quella che ha tutta l’aria di essere una curiosa scultura. Sì, perché, seppur di non facile identificazione, sembra davvero che il tronco di un albero sia stato cesellato in volto di uomo. Un uomo anziano che, con gli occhi socchiusi e l’arcuata piegatura della bocca, sembra meditare. O forse l’ignoto artista ha voluto dar forma al Genius Loci, lo spirito che protegge da sempre i templi della natura… il mistero rimane…
La chiesa blu
Molto vecchio non è, visto che risale agli anni Trenta, nonostante l’apparenza di totale abbandono. Stiamo parlando dell’Istituto di San Luigi, in località Roncovero. Ma facciamo un passo all’indietro…
Secondo una versione della storia, la struttura venne costruita nel XV secolo. Costruita, nel luogo in cui la Madonna sarebbe apparsa ad una pastorella. In realtà, ci sono parecchi dubbi su questo episodio legato al mistero. Il timore è che sia stato confuso con l’altra apparizione mariana avvenuta, sì, nel comune di Bettola, ma non a Roncovero. Di quest’ultima abbimao parlato in precedenza nel testo.
Comunque sia, caduta in rovina, la sua costruzione (o ricostruzione) fu possibile circa cento anni fa grazie all’impegno finanziario del sindaco di Bettola e di altri benefattori. Ed è così che nacque il “Seminario Minore”, gestito dai Gesuiti, esattamente sulla vecchia strada che collega Ponte dell’Olio con Bettola. Una struttura costituita da tre piani e seminterrato, una chiesa dedicata a San Luigi Gonzaga ed un terreno di oltre ventiquattromila metri quadrati.
Dopo alcuni decenni, l’attività di seminariato fu affiancata dalla scuola media paritaria con convitto. A tal scopo, sempre sotto l’egida dei Gesuiti, di accogliere gli studenti della ValNure. Poi, nel 1984 l’ordine religioso lasciò la struttura.
Con il passare degli anni e il correre della storia, venne affittata alla Scuola di Polizia di Stato. Infine fu venduta ad una certa società, che andò poi in fallimento. Secondo un’altra versione, essa venne offerta all’asta, ma questa andò deserta. E, così, rimase abbandonata…
Si arriva, allora, al giorno d’oggi, con un degrado sempre più marcato. E non solo per il naturale trascorrere del tempo, ma anche per un umanissimo (nel senso di “mano umana”) vandalismo e con risvoltilegati al mistero. Perché in tal senso una stella a cinque punte, contenuta in un cerchio e disegnata lungo la solitaria navata della chiesa (ancora consacrata) e scoperta nel 2016, parla chiaro. Così come le scritte sacrileghe, i disegni di croci rovesciate e quella tomba scoperchiata… A questo proposito vengo a sapere da “persona informata sui fatti” che “qualcuno ha pensato bene di togliere il teschio da quanto rimaneva del cadavere e di appoggiarlo sopra all’altare”. Non solo perché “un gruppo di milanesi si calò da queste parti e fece delle foto a delle modelle incatenate sempre al solito altare”. Senza parole…
Ma proviamo ad avvicinarci idealmente a questa chiesa. Occorre, dunque, percorrere un viale costeggiato da alte piante. Poi, una volta entrati, e in un contesto essenzialmente spoglio di arredo, a colpire sono i riflessi di colore blu generati dal passaggio della luce attraverso le sue vetrate e dal soffitto del presbiterio dello stesso colore. Per questo è chiamata la “chiesa blu” (almeno questo, è un mistero chiarito).
E che dire di quel grande crocifisso sospeso sopra all’ormai ben noto altare, al termine del corridoio centrale fiancheggiato da due file di panche?
Però, c’è una cosa che lascia perplessi, al di là della stupidità umana che può assumere le forme più svariate. E, cioè, visto che la struttura è degli anni Trenta del Novecento, cioè sostanzialmente moderna, come mai esiste una sepoltura lontano dai cimiteri, contrariamente a quanto previsto dalla legge fin dai tempi di Napoleone?
Una spiegazione per questa storia, in realtà, c’è…
Pare, dunque, che un Comune, sentita l’Azienda Unità Sanitaria Locale territorialmente competente, possa autorizzare l’inumazione al di fuori di un camposanto purché siano rispettate le norme igienico sanitarie che valgono per le equivalenti tipologie di sepolture entro il recinto cimiteriale e quando concorrano giustificati motivi, come ad esempio per onorare la memoria di chi in vita abbia avuto eccezionali benemerenze. Quindi, anche in questo caso, il mistero è chiarito.
A questo punto, viene da chiedersi e con malinconia cosa ne sarà di questa chiesa, fra vandali, ladri, fannulloni perdigiorno e satanisti…
Sul castello di roncovero non avete una storia?
Buongiorno elisabetta, se il nostro Stefano Panizza, c’è stato primo o poi qualcosa pubblicherà 😀