
Una nuova teoria che spiega l’interazione tra luce e materia a livello quantistico, ha permesso ad alcuni ricercatori della Facoltà di Fisica e Astronomia dell’Università di Birmingham, di fotografare ed individuare la vera forma dei Fotoni (particelle di luce)
Nel campo della fisica non erano mai stati individuati né il colore e né la forma dei fotoni
Le particelle di luce introdotte come costituenti elementari della radiazione elettromagnetica da Max Plank e Albert Einstein, sono state studiate senza precedenti, da un team di ricerca dell’Università di Birmingham.
Infatti la forma dei fotoni, come anche anche il loro colore e persino la probabilità che queste particelle di luce esistano, dipendono dalla geometria e dalle proprietà ottiche dell’ambiente.
L’importanza del fotone nelle nostre vite quotidiane e le sue implicazioni
Queste particelle di luce, che sono fondamentali per la nostra percezione visiva e per le telecamere, sono sempre state impossibili da fotografare. Tuttavia, grazie a un innovativo approccio teorico, i fisici sono riusciti a ricostruire matematicamente la loro funzione d’onda, permettendo la realizzazione di una rappresentazione precisa del fotone mentre viene emesso.
Comportamento dei fotoni per consentire la visione
I fotoni sono ciò che rende possibile la vista, sia umana che artificiale. Quando raggiungono la retina o i sensori di una fotocamera, portano con sé informazioni cruciali sulla sorgente da cui provengono o sugli oggetti con cui interagiscono. Tuttavia, fino ad oggi, non era stato possibile visualizzare un fotone in maniera diretta. Questo perché i fotoni, pur essendo particelle, non interagiscono tra loro in modo che permetta loro di “fotografarsi” o essere fotografati, come accade invece con oggetti più tangibili.
Il fotone non è un oggetto solido
La “forma” di un fotone, non è come quella di un oggetto solido e tangibile. Si tratta di una distribuzione di intensità, una mappa che indica dove è più probabile trovare un fotone in un dato momento. Le aree più luminose rappresentano i punti in cui è più probabile che un fotone venga rilevato, fornendo così una visione “statistica” di dove un fotone potrebbe trovarsi.
Una delle principali scoperte di questo studio è che prima ancora che il fotone venga rilevato, la distribuzione di intensità che lo descrive esiste già sotto forma di una “funzione d’onda”. È grazie a questa funzione che i ricercatori sono riusciti a creare la prima immagine visibile di un fotone, senza mai misurarlo direttamente, evitando così di distruggerlo nel processo.

L’influenza dell’ambiente circostante
Il lavoro degli scienziati, tuttavia, non si è concentrato solo sulla visualizzazione del fotone, ma ha affrontato una questione fondamentale: come vengono emessi i fotoni dagli atomi e come l’ambiente circostante influisce su questo processo.
Per indagare questo aspetto, il team ha sviluppato un modello teorico che include una nanoparticella di silicio interagente con la luce. La complessità del problema, che prevedeva infinite possibilità di interazioni, è stata semplificata grazie all’uso della matematica avanzata, in particolare l’analisi complessa.
Il mezzo in cui si propagano ha profonde conseguenze sul modo in cui vengono emessi i quanti di energia: queste possibilità illimitate portano a infinite possibilità per luce di esistere e viaggiare, attraverso l’ambiente circostante, ma raggruppando queste possibilità in insiemi distinti.
I calcoli matematici effettuati , hanno permesso di convertire un problema irrisolvibile in qualcosa che può essere riformulato, come se fosse un sottoprodotto del modello che era stato formulato in precedenza.
Il risultato ottenuto è stato sorprendente, reso tangibile e visibile mediante fotografia Questo è stato possibile sulla base di una nuova teoria che spiega l’interazione tra luce e materia a livello quantistico, aprendo nuove strade alla ricerca per i fisici quantistici e la scienza dei materiali.
La scoperta porta notevoli vantaggi
Definire con precisione come un fotone interagisce con la materia e con altri elementi del suo ambiente, può consentire lo sviluppo di nuove tecnologie, che potrebbero ad esempio cambiare la sicurezza delle comunicazioni, il modo in cui rileviamo i patogeni o controlliamo le reazioni chimiche a livello molecolare.
In precedenza il fotone veniva rilevato semplicemente come “rumore”
Questo lavoro di ricerca aiuta ad aumentare la comprensione dello scambio di energia tra luce e materia e, nello stesso tempo, a comprendere meglio come la luce si irradia nei suoi dintorni vicini e lontani. Molte di queste informazioni erano state considerate solo “rumore”, ma ci sono così tanti dati al loro interno a cui ora si può dare un senso e che si possono utilizzare. Comprendendo questo, si pongono le basi per essere in grado di progettare interazioni luce-materia per applicazioni future, come sensori migliori, celle fotovoltaiche o computer quantistici migliorati”.
Questa scoperta segna un passo fondamentale per la comprensione dei fotoni e del loro comportamento. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, e rappresenta un importante contributo alla fisica quantistica e alle sue future applicazioni.