Possessione diabolica è una coppia di termini che mette i brividi, specialmente a chi è poco avvezzo a sentir parlare di certi discorsi. E che magari se la cava cerando di convincere (soprattutto se stesso) che sono cose da superstiziosi e che la scienza le spiega benissimo.
Di tutt’altro avviso devono essere stati i protagonisti del fatto che andremo ad illustrare, la cui storia inizia a diffondersi a partire dal 1931. Perché è in quell’anno che viene pubblicato il libro“Intervista col diavolo”,dove la vicenda viene raccontata nei minimi particolari. A dire il vero, esce in poche copie,anche se il testo ha il pregio di basarsi sui documenti originali, conservati all’Archivio Arcivescovile di Bologna.
Insomma il libro è importante,ma la sua diffusione, e quindi conoscenza, rimane limitata. Ma ciò avvieneanche per un altro motivo. Perché pare che su queste pagine gravi una pesante maledizione, lanciata dal demonio in persona su chi osi propagarne il contenuto.
Ma di cosa si tratta? Anticipiamo ricordando che padre Amorth, il più noto esorcista italiano e morto da alcuni anni, disse un giorno che quella volta il diavolo aveva compiuto gesta mai viste…
I fatti
Siamo, dunque, nel maggio del 1920, precisamente nella chiesa di Santa Maria di Campagna, alla periferia della città.
Qui, padre Pier Paolo Veronesi, cappellano del manicomio di Piacenza, sta sistemando alcune cose, quando gli si fa incontro una ragazza. Le chiede semplicemente una benedizione. Ovviamente, gli concede quanto richiesto. Ma il religioso si rende conto che c’è ben altro nelle intenzioni della ragazza. Infatti, con tono sempre più preoccupato, gli disegna i particolari di una situazione davvero inquietante. Sì, perché la giovane confessa che le capita di parlare lingue che non conosce, di ululare come un lupo o miagolare come un gatto, di mordere i mobili e di saltare da un tavolo all’altro come fosse una cavalletta.
I medici cosa dicono? Non certo che si tratta di possessione diabolica, come forse sta iniziando a sospettare il cappellano,ma di “problemi psicologici”.
E il prete del paese di San Giorgio dove abita, cosa ne pensa? Non è ben chiaro, ma è probabile che non sia di molto aiuto. Perché la ragazza, un bel giorno, parte con il calesse in compagnia dei genitori,alla volta di una località dove si dice che un certo parroco sia bravo a trattare cose di questo genere. Già… ma il problema è arrivarci… perché ad un certo punto la donna inizia a non sentirsi bene. E pure il cavallo si pianta, come di fronte ad un muro invisibile. Non c’è verso di farlo proseguire.
E cosa fa la donna, a quel punto? Scende dal carretto e vola a mezzo metro da terra verso la chiesa a cui è diretta (qualora non fosse chiaro, senza toccare il terreno con i piedi…). Come è facile immaginare, nel momento in cui “atterra” sul sagrato, si scatena il fuggi fuggigenerale. Lei, invece, si avvia verso l’altare e lì sviene. La successiva benedizione del prete le permetterà un sollievo che durerà però solo pochi giorni. Da qui l’idea di rivolgersi alla chiesa di Santa Maria di Campagna.
Passa poco tempo e la donna si presenta nuovamente a padre Veronesi. Ma stavolta il frate assiste personalmente ai fatti che ha udito alcuni giorni prima. Perché inizia a parlare in tedesco, lingua che non conosce, canta una sonata melodiosa che fa accorrere la gente del circondario, per finire con il “dar giù di matto”.
Ormai non ci sono più dubbi. Si tratta di vera possessione diabolica e, dunque, bisogna sottoporla ad esorcismo.
La faccenda si fa drammatica
Così,il 21 maggio del 1920, la donna, accompagnata dal marito, dalla madre, dal signor Cassani, cioè un amico di famiglia, e da due ragazze, entra nella chiesa.
Lì, ad attenderli al primo piano del santuario, c’è la compagnia dello stenografo, del dottor Lupi in veste di“uomo di scienza” dato che si tratta del direttore del manicomio di Piacenza, ed ovviamente dell’esorcista.
All’inizio non succede niente di che. Il prete prega, la donna rimane tranquilla. Ma quando l’uomo recita in latino la vera e propria formula dell’esorcismo, “si scatena l’inferno”. La posseduta si alza in punta di piedi, si getta in terra e striscia come un serpente, ma, soprattutto, si scaglia contro il parroco, mordendo le sue vesti, minacciandolo e deridendolo allo stesso tempo. Perché lui è Isabò, “dai pugni robusti e dalle ali lunghe”, mentre il prete è solo un miserabile con insensate pretese di giustizia. Ma una bella spruzzata di acqua santa lo riduce a più miti consigli.
Ed è così che si viene a sapere qualcosa della sinistra storia. Si scopre, dunque, che la donna è posseduta da ben otto demoni, e che sono entrati nel suo corpo sette anni prima, quando si gustòle classiche “due fette” di salame e bevve un buon bicchiere di vino bianco. Sì, perché il tutto era maleficiato da un rito satanico…
Con il tempo, ed altri esorcismi, escono nuovi particolari della possessione diabolica (e vengonocacciati quattro degli otto demoni). E, cioè, che il maleficio prevede anche l’utilizzo di un filo da legare attorno a tre piante. Operazione compiuta dal committente (un uomo le cui galanterie erano state respinte), da un mago (famoso per essere un sant’uomo…) e dalla donna stessa (convinta che avrebbe giovato al suo benessere).
Nel frattempo, gli esorcismi vanno avanti per mesi ma alla fine la donna viene liberata.
Quando tutto sembra finito…
Prima, però, succede qualcosa… perché il diavolo in persona promette vendetta. E, come prima minaccia, assicura al “buon” padre Veronesi, da cui tutto è nato, che prima o poi gli apparirànelle sue vere e terribili sembianze. Così, da quel momento, decide di dormire con la luce accesa, ma questo non lo salvada una inspiegabile quanto grossa bastonata in testa proveniente dal “nulla”. Ma anche al vescovo Pellizzari,che ha nominato l’esorcista, e all’aiutante Cassaniil demonio decide di farla pagare, a tempo debito…
I giorni scorrono e nulla succede, tanto che tutti paiono felici e contenti. Ma il diavolo mantiene sempre certe promesse. Tre mesi dopo, il vescovo muore improvvisamente. Ne passano altri due,ed è il povero Cassani a “lasciarci le penne”.
Insomma, verrebbe da dire che quella volta, nell’eterno braccio di ferro fra il Bene ed il Male, fu quest’ultimo a uscirne vincitore…
La visita in loco
Naturalmente, un “salto” nel luogo in cui fu vinta la possessione diabolica è doveroso farlo.
Ed eccomi, dunque, con mia moglie Thea all’interno della basilica di Santa Maria di Campagna, posta nei pressi delle vecchie mura cittadine. Si tratta di una struttura edificata nel XVI secolo in un’area occupata in precedenza da un altro edificio sacro, il Santuario di Santa Maria di Campagnola. Ma, soprattutto, è qui che il Pontefice Urbano II nel 1095 avrebbe annunciato la costituzione della prima Crociata, per la liberazione del Santo Sepolcro.
Entrando, la sua parte più nota e spettacolare si trova sopra la testa dei fedeli, dove, cioè, si può ammirare la Cupola del Pordenone, con i suoi artistici affreschi dell’Eterno Padre, degli angeli e di tanti altri personaggi delle storie bibliche.
Ma, a destare la curiosità di chi si occupa di “insolito”, è quanto si incontra spostandosi sulla navata di destra, all’interno di un’ampia cappella. Lì, alto e lungo la parete, fa bella mostra il quadro di un imponente personaggio. Chi è costui?
Purtroppo, non ci sono didascalie che facciano chiarezza. Ma dovrebbe trattarsi del biblico Mosè. E per un particolare…
Perché, se lo si osserva neppure troppo attentamente, balzano all’occhio due insolite protuberanze che campeggiano sopra alla sua testa. Paiono figlie di una curiosa acconciatura, visto che sembrano due ciuffi di capelli “sparati” vero il cielo. E magari così è… in ogni caso, come mai il “nostro” probabile Mosè ha questa specie di corna?
D’altronde non è l’unico caso, visto che pure Michelangelo lo ha raffigurato, più o meno così, in quella statua che è custodita nella chiesa romana di San Pietro in Vincoli.
Tutto nasce nel V secolo, quando tal Gerolamo male traduce in latino un brano della Bibbia ebraica. Stiamo parlando dell’Esodo (34-29), dove si racconta che Mosè ha appena visto Dio ma, soprattutto, che il suo volto, abbagliato dalla potenza divina, è divenuto luminoso. Succede, dunque, che lo sbadato Girolamo fa confusione tra la parola “keren”, che significa “corno”, e “karan”, ovvero “raggio di luce”. Dunque, lui traduce così: “Il suo volto (di Mosè) divenne cornuto (keren)”, anziché “Il suo volto divenne luminoso (karan)”. Quindi, in altre parole, le corna non c’entrano nulla. A voler essere generosi, le curiose protuberanze possono essere viste come i raggi del sole e a voler scusare Gerolamo il fatto che nel Medioevo si pensa che solo Gesù possa avere il volto pieno di luce.
Comunque sia, da allora il “Mosè cornuto” fa la sua comparsa in parecchie raffigurazioni artistiche. Così, lo si può vedere nelle miniature di molte Bibbie ed in tante rappresentazioni iconografiche medioevali.
Poi, inizia a passare di moda…
Ma ora è giunto il momento di andare in fondo alla faccenda della possessione diabolica, il motivo principe per cui siamo venuti.
Parla il religioso
Così, io e Thea incontriamo un religioso, che sembra ben disposto a parlare, anche se, in realtà, molto non ci dirà. “Non ci sono dubbi sul fatto che quella fu davvero un’autentica possessione diabolica. Come è stupido il diavolo… aveva tutto, compreso l’orgoglio, purtroppo. Comunque, venite che vi mostro dove furono praticati gli esorcismi”. Entriamo, dunque, in quella che una targa posta sulla strada identifica come la “Sala del Duca”. Ora l’ambientazione deve essere piuttosto diversa rispetto ad un tempo, visto l’enorme mobile che occupa tutta una parete ed il suo utilizzo per le mostre.
“No, ora di esorcismi non se ne fanno più, solo delle preghiere di liberazione”. Come a dire che la presenza del Male, sì, c’è ancora, ma non così sconvolgente come quella volta. Per ora, naturalmente…