A vederla dal basso, Rocca d’Olgisio fa davvero impressione, con la sua mole imponente che si erge sulla rupe scoscesa, a 564 metri sul livello del mare.
Due parole sulla sua storia
Questo piacentino, è un castello antico, visto che le sue prime notizie risalgono al V secolo. Per questo sperimentò diversi proprietari, dalla Chiesa a Gian Galeazzo Visconti, senza dimenticare Jacopo Dal Verme, il famoso capitano di ventura di origine veronese. Ora la struttura di Rocca d’Olgisio è privata, ben conservata, dopo essere divenuta, come si diceva allora,“un rudere buono per allevare i fagiani”.
All’esterno di Rocca d’Olgisio, poco oltre le mura di cinta, vi sono numerosegrotte che recano le tracce di lavorazioni umane con strumenti metallici.
In pratica, buchi per l’inserimento di pali quadrati e circolari e adattamenti al piano di calpestio. Ma anche anfratti, forse usati come ripostigli, e gradini per far comunicare grotte adiacenti. E poi sono emerse ceramiche dell’Età del Bronzo e del Ferro, perle di vetro del periodo gallico e frammenti di vetro soffiato di quello romano.
Alcune grotte, poi, risultano utilizzate come necropoli preistorica, altre come abitazioni oppure come luogo di culto. Ma non si può dimenticare la “Grotta della Goccia” e la sua tortura (della goccia, appunto). In partica, il condannato era legato ad un palo e, così immobile, veniva puntualmente e con precisa cadenza colpito in testa da una goccia d’acqua che scendeva dall’alto. E, una goccia oggi, una goccia domani, nel cranio si apriva un bel buco…
E che dire della“ ”, cioè Faustina e Liberata? Spendiamo due parole sulle devote donne, che hanno reso famosa Rocca d’Olgisio. Si sa che erano figlie del nobile Giovannato, il primo proprietario del castello. E che da lì scapparono per evitare il matrimonio che il padre aveva imposto loro. Si rifugiarono a Como, dove fondarono un monastero benedettino. E, sempre a proposito delle due donne, il castello di Rocca d’Olgisio custodisce una cappella ancora consacrata, che conserva il pavimento e l’acquasantiera originali. Ma soprattutto uno stendardo di seta, appeso ad una parete, che rappresenta la coppia di sante.
Tornando idealmente all’esterno di Rocca d’Olgisio, tre sono le cinte murarie cheproteggono il castello, di cui l’ultima costruita nell’Ottocento. E che, ad un certo punto, lasciano spazio ad un ampio portone sopra al quale è scolpito il motto “Arx impavida” (“fortezza impavida”).
Il pozzo del diavolo
Una leggenda racconta che una strega avesse convinto una donna a vendere l’anima al diavolo, in cambio della possibilità di procreare un figlio. Patto infernale che però sarebbe stato impunemente infranto grazie all’intervento delle citate Faustina e Liberata.
Nel vasto cortile, invece, è presente un pozzo profondo,ora 55 metri, ma un tempo ben 96 (la “colpa” è dell’ostruzione di pietre provenienti dal palazzo rinascimentale).
La tradizione racconta che a metà della discesa si apra un’apertura comunicante con un tunnel che porterebbe al di fuori della struttura di Rocca d’Olgisio, così come che sul fondo ci sia una serie di lame su cui venivano gettati i condannati. Cosa poco plausibile, a dire il vero, visto che l’acqua avrebbe cessato di essere potabile.
Comunque, sul primo caso chi si è calato parla di “condotti per il drenaggio”, ma non abbastanza ampi da permettere il passaggio di una persona. Sul secondo, l’ostruzione del condotto causa le pietre impedisce qualunque tipo di controllo (al di là del non senso di una loro presenza).
Ad ogni modo, è chiamato il “pozzo del diavolo”. Come mai? Perché la leggenda narra che, assunte le fattezze di un corvo, lo spirito del Male si appostò su un albero. E, quando vide passare le due future sante, iniziò con certi discorsi che alla fine le convinsero a rinunciare ai voti e a prender marito. Il padre, felice, pubblicòimmediatamente un bando destinato ai cavalieri più valorosi e più retti, per scegliere il meglio, almeno per la figlia Liberata. Fra loro vi era un tipo davvero particolare, con la corazza nera ed il volto perennemente coperto. E che sbaragliò facilmente la concorrenza, primeggiando in coraggio, destrezza e generosità. Così, mise sul proprio cavallo la Liberata, pronto a portarla via e a coronare il sogno d’amore.
Ma il padre volle benedire gli sposi. E, a quel gesto, successe l’impensabile… perché il marito, che era il diavolo in persona, non resse al sacro gesto e sprofondò nel terreno, creando una voragine che poi sarebbe divenutail pozzo che esiste ancora oggi. Non solo, perché lì vicino sorse pure un fungo gigantesco che rinsecchì e si trasformò in pietra. Oggi è chiamato (con poca fantasia) il “fungo del diavolo”.
Ma all’essere infernale è legata anche un’altra vicenda, sempre ambientata a Rocca d’Olgisio. E pure in questa si trasformò in corvo, per recarsi nella stanza di una tal Margherita e darle una mela avvelenata. Che la fece morire stecchita.
Mai sentite tante leggende in un posto solo…