“Ma un ufologo che cosa fa?”.
Questa è la domanda che mi sono sentito rivolgere da una signora di mezza età, al termine di una conferenza in cui parlavo di misteri del parmense. Evidentemente la spettatrice era rimasta colpita dagli eventi, diciamo, ufologici che avevo appena raccontato.
La risposta?
Diciamo che dipende dalle persone che si interpellano (e, quindi, io darò la “mia” fra le possibili risposte).
Iniziamo a ragionare
Come mai tanta incertezza?
Perché non c’è una “scuola di ufologia” che insegni la materia e rilasci un diploma da “ufologo”. Quindi, ognuno interpreta un po’ alla sua maniera tutta la faccenda.
E non aiuta certo la definizione di UFO, cioè la cosa di cui, per definizione, si deve occupare l’ufologo. E cioè “oggetto volante non identificato”. Già… perché è talmente generica che può comprendere una vasta gamma di fenomeni. Sì, perché mancano quelle necessarie specifiche che permetterebbero di creare un perimetro alla materia. Perché di questo ipotetico oggetto volante non vengono menzionati forma, dimensioni, colore, velocità, altezza, distanza e chi più ne ha più ne metta.
Insomma, “se io noto una luce (è un oggetto?) a dieci metri da terra che svolazza sopra ad un cimitero”, che cosa ho visto, in realtà? Una astronave aliena, un fantasma, un angelo o una creatura sconosciuta? Ed è sufficiente approfondire la letteratura demonologica, paranormale e molte altre del così detto “mistero” per rendersi conto che, il più delle volte, si parla delle medesime cose, pur con nomi doversi. Se poi consideriamo che ogni testimone vede quanto accade a modo suo e che l’inquirente ufologo tende a “portare acqua al suo mulino”, risulta difficile capire di che cosa stiamo davvero parlando e, quindi,se ciò sia di competenza della materia ufologica o piuttosto di altre.
La testimonianza
A proposito di testimoni… purtroppo la testimonianza è nella stragrande maggioranza dei casi l’unica cosa che l’ufologo ha in mano. Una vera bomba… a mano, visti gli infiniti problemi interpretativi che essa comporta. Ma tant’è, con buona pace di coloro che vogliono fare una “ufologia scientifica”. Sì, perché, se è pur vero che una dichiarazione testimoniale può essere un intrigante punto di partenza anche per il mondo scientifico (si pensi a coloro che parlavano di “pietre cadute dal cielo”, cioè le meteoriti, scientificamente riconosciute alcuni secoli fa), lo è altrettanto che quasi sempre non si va oltre le semplici parole.
Insomma, la Scienza ha delle regole (riproducibilità, prevedibilità, falsificabilità, etc) che non possono essere disattese. Ad esempio, nessuno potrà mai affermare, in base a precedenti dati osservativi, che “domani ad una certa ora ed in un certo punto delcielo transiterà un oggetto volante con certe caratteristiche”.Ma non sarà neppure possibile dimostrare a priori che ciò non potrà avvenire.
Ad allontanare l’ufologia dal mondo scientifico c’è anche una sua singolare caratteristica: più aumentano le informazioni che la riguardano (cioè le testimonianze), più diminuisce la sua credibilità. E non potrebbe essere altrimenti, nel momento in cui “cento testimoni” raccontano “cento storie diverse”, molte delle quali palesemente assurde.
Questo non significa che i fatti sottostanti alle dichiarazioni non possano essere reali. Solamente che non sono comprovabili (almeno, nel senso scientifico del termine). Perché mai dimenticare che non tutto quello che esiste è dimostrabile (ad esempio, che cosa tu lettore stia pensando in questo momento).
Studi sociologici
Certo, rimane lo studio sociologico del problema (magari elaborandostatistiche di “quello che la gente dice”). Questo, sì, può essere indagato con metodo scientifico. Ad esempio, predisponendo questionari omogenei ed articolati da sottoporre al testimone. Ma si finisce per concentrarsi sul “tuono” senza arrivare al “fulmine”…
E quindi?
Quindi, per tornare alla domanda “ma un ufologo che cosa fa?”, mi sento di dire che, nella stragrande maggioranza dei casi, si occupa di “narrazione di fatti”. Limitante? Sì e no. Dipende dall’approccio. E credo che un buon atteggiamento preveda uno studio approfondito di tutto quello che può girare attorno ad un “oggetto volante non identificato”. Già… ma qui si apre un vero “mondo”…fatto di tecniche interrogative econoscenze ad ampio spettro delle varie materie del “mistero” (penso che ad un ufologo sia più utile un libro di magia che tante pubblicazioni specifiche che si limitano ad un mero elenco di casi). E pure occorre interessarsi a tematiche scientifiche, storiche e psicologiche. Perché tutto quanto, in una materia trasversale come l’ufologia, può aiutare a mettere dei punti fermi (seppur indimostrabili).
Insomma, se non si può fare una “ufologia scientifica” è doveroso cercare di farne almeno una “seria”.
E, poi, occorre concentrarsi parimenti, se non di più, sul testimone stesso, piuttosto che sulle sue parole. Perché i “veri” fenomeni ufologici paiono mostrare una selettività nella percezione (sennò non si spiega perché, ad esempio, in una zona ad alta densità abitativa ed in pieno giorno un incredibile fenomeno aereo, come è quello degli “umanoidi volanti”, venga visto da un singolo testimone).
Infine, ma non certo per importanza, l’ufologo deve essere proattivo. Un comportamento che pare aver perso. In pratica, bisogna che alzi gli occhi alcielocon compagne osservative, magari accompagnandole con esperimenti dal sapore paranormale, tanto di moda negli anni Ottanta e Novanta e che avevano portato a risultati clamorosi.
Ma, si sa, ognuno ha la “sua” ufologia…