Il fenomeno delle formiche volanti si presenta a Pianoro di Bologna, Nibbiano di Piacenza, Vetto di Reggio Emilia e Pomarance di Pisa, curiosamente nei pressi di edifici religiosi (in realtà esisterebbero altre 2/3 località, ma con manifestazioni forse meno eclatanti).
Ma questo singolare accadimento capita anche il 24 luglio di ogni anno sulla cima del monte Santa Cristina, nei pressi di Pellegrino Parmense (altura della quale abbiamo fatto un breve accenno nell’articolo sui possibili esorcismi del santuario di Careno che si trova ai suoi piedi).
Lì campeggiano i resti di un’antica basilica (il termine non deve confondere, un tempo si indicava con questa parola un qualsiasi edificio di culto, non necessariamente monumentale).
Me lo conferma un certo Paolo, anziano signore della vicina Pellegrino, da tutti considerato un esperto di storia locale.
“Sì, il fenomeno succede davvero, e proprio in quella data. E lo si osserva bene in controluce“. Una signora è dello stesso parere, anche se è più elastica nella definizione del periodo temporale: “Si verifica attorno al giorno di Santa Cristina e dura parecchi giorni“.
Cerchiamo di capirne di più
In pratica, che cosa succede?
Accade che milioni di formiche alate, scientificamente “Myrmicascabrinodis”, si danno appuntamento, in questo e negli altri luoghi citati, per l’accoppiamento. Fatto il loro “dovere”, i maschi muoiono e cadono al suolo (tanto da renderne nera la superficie). Le regine perdono le ali, e precipitano pure loro, ma non muoiono, anzi se ne vanno a creare un formicaio. Ed un tempo era usanza raccogliere questi animaletti morti per realizzare un unguento contro i reumatismi.
Superstizione? Forse no, perché l’acido formico che contengono sembra curare davvero questo tipo di disturbo. E pare che funzioni anche contro il mal di pancia.
Curioso, poi, come, nei primi quattro casi, il fenomeno delle formiche volanti si presenti in settembre (attorno all’8 nei primi tre, a fine mese nel quarto). Solo sul monte Santa Cristina si manifesta al di fuori di questo periodo temporale (24 luglio).
Comunque, e come già scritto, tutti e cinque sono legati ad un contesto sacro, chiese o resti di esse.
A questo punto, sorgono spontanee alcune domande:
– come mai sono state scelte queste specifiche località?
– perché sono in numero così limitato?
– come fanno, ogni anno, le formiche a non “sbagliare strada”?
– come mai sembrano prediligere i luoghi religiosi (a Pomarance, ad esempio, esiste la chiesa di “San Michele delle Formiche”)?
– può esistere una relazione tra il fenomeno e la figura della Madonna, il cui compleanno si festeggia l’8 settembre, come ritiene la devozione popolare?
Difficile dare delle risposte, sicuramente è più agevole salire a piedi sulla cima del monte Santa Cristina, anche se, a guardar bene, proprio facile non lo è. Si parte, infatti, dal santuario di Careno posto a 577 metri s.l.m. e si arriva a 963 metri, dopo 45 minuti di una salita che non da tregua (ma, poco prima della vetta, si gode di un panorama stupendo).
Altri misteri
Lì, come detto, si trovano i resti di una basilica e di un romitaggio, le cui prime notizie risalgono al XI secolo. Forse sono stati costruiti su un tempio più antico, dedicato a divinità pagane.
Sembra che il romitaggio fosse costituito da una camera, una cucina ed un portico (insomma, forse tanto spartano non era…). A dividerlo dalla basilica, c’era una torre con campana (pare che quest’ultima sia poi finita alla chiesa di Sanguinaro, lungo la via Emilia, tra Fidenza e Parma).
Si conosce pure il nome del primo eremita, tale frate Moderanno di Bardone. E anche dell’ultimo, frate Canuto, morto e sepolto nel 1783 nella chiesa di Careno (durante questo lungo intervallo di tempo la gestione del complesso passò anche ai Cavalieri di Malta).
Da quel momento, l’intero complesso cadde in rovina.
Un tempo, il monte si chiamava Careno, come il paese ai suoi piedi, poi ha cambiato denominazione in onore della santa alla quale la basilica era dedicata. A sua volta la scelta del nome pare sia stata una sorta di omaggio verso Piacenza, sotto la cui diocesi un tempo era Pellegrino, e dove la santa era particolarmente venerata (ora la parrocchia “dipende” da Fidenza). A proposito di parrocchie, la Storia narra che in un imprecisato giorno della seconda metà del XVII secolo, gli abitanti di quella della vicina Iggio (diocesi di Piacenza) e di quelli della stessa Careno (a quel tempo “sotto” Parma), se le diedero di santa ragione proprio in cima al monte. Cioè, scoppiò una vera e propria baruffa, e pure durante una solenne processione. Risultato? L’eremita di Santa Cristina finì in… galera!
Fatto un doveroso resoconto storico, vediamo cosa sia effettivamente rimasto dell’antica struttura. Direi… molto poco. Già trovare i resti non è particolarmente agevole perché si trovano in posizione sopraelevata rispetto al sentiero. In ogni caso, spuntano dalla vegetazione pezzi di muretto…
…e pietre sparpagliate, in un contesto di generale disordine. Insomma, nulla rispetto a quello che un tempo la struttura doveva essere.
A dire il vero non esistono prove certe che i ruderi appartengano a quel tempo lontano. Ammettendo di sì, non si sa a che cosa si riferiscano, cioè se alla basilica oppure al romitorio.
Però, il posto ha un qualcosa di magico. Un religioso silenzio ed una natura che sembra isolare e proteggere dal resto mondo, devono essere stati i presupposti che hanno convinto gli uomini a costruirvi fin dalla notte dei tempi.
Tanto è vero che negli anni Ottanta, un gruppo di giovani di Pellegrino si adoperò per ricostruire qualcosa dell’antico splendore (ma poi non se ne fece nulla, com’è evidente).
Chiudo segnalando una singolare coincidenza. Il Monte si chiama santa Cristina e le “formiche volanti” si manifestano intorno alla sua cima proprio il 24 luglio (o giù di lì), cioè quando si celebra la santa. Insomma, anche gli irrequieti insetti sembrano voler partecipare alla sua festa…