Tutto inizia quando nei primi decenni del 1900, nel Sud America, scoppia “la guerra del caucciù” tra i governi del Perù e Bolivia. Questi chiedono l’intervento dell’Inghilterra, perché invii un esperto per fissare i confini tra le due nazioni. L’Inghilterra vi destina il colonnello Percy Fawcett, esperto coloniale e cartografo della Società Cartografica Britannica. Appassionato esploratore e cultore delle civiltà del passato, raccoglie dagli Indios delle varie tribù, tradizioni orali e leggende stupefacenti. Lo studio accurato che il colonnello ha fatto di tutto il materiale raccolto, lo porta alla conclusione che tutti i miti testimoniano l’origine divina di tutti quei popoli. Viene in possesso, inoltre, d’indicazioni e strani racconti su enormi abbandonate e misteriose città, che lo portano a viaggiare in lungo e in largo della giungla del Sud America, sino quando, a Rio, ebbe modo di consultare il Manoscritto dei Bandeirantes, conservato nel Museo locale dell’Indio; ispirato dal documento decide di intraprendere una spedizione nel Mato Grosso alla ricerca della fantastica città perduta. Tenta più volte senza successo, sino a quando Fawcett e’ sicuro di avere in mano le indicazioni decisive e l’orientamento esatto per la rivoluzionaria scoperta. Parte con pochi uomini fidati, ma la sua marcia viene seguita sino alla metà del percorso da lui previsto, poi scompare nella foresta vergine e di lui non si sa più nulla. Era il 1925.
Fawcett al ritorno dalla prima infruttuosa spedizione, lascia molti appunti, che poi il figlio Brian pubblica. In tali appunti il colonnello espone diversi dati, che sono sufficienti a capire in quale direzione svolse le sue ricerche e con quale tribù di Indios sia venuto in contatto. Suo figlio Brian organizza la ricerca del padre con l’aereo in diverse zone dell’area segnata dal padre, dove si ferma per chiedere notizie agli Indios… senza trovare niente. Le sue ricerche si concludono con l’affermazione che il padre era un visionario e che civiltà antiche non esistono. Questa dichiarazione strana, dopo tutti le ricerche fatte è insolita; Fawcett difficilmente era un visionario, aveva molti anni di esperienza nell’interno del continente sud-americano, ed era uomo di fiducia della National Geografic Society. Infatti… La scomparsa misteriosa di Fawcett attira una fondamentale figura nella ricerca della città perduta: KARL BRUGGER, giornalista e ricercatore tedesco, stabilito in Brasile dopo l’incontro con una dottoressa brasiliana. Karl, conosce un capo tribù degli Indios TATUNCA NARA, che racconta la storia incredibile del suo popolo, eredi degli dei, e delle loro incredibili città megalitiche nel cuore della giungla, e di quelle sotterranee ereditate sempre da loro. Karl ascolta e registra l’incredibile storia su 10 nastri. Dopo un po’ di tempo, andando grazie al suo lavoro, ad incontrare diverse personalità nelle strutture di punta della società brasiliana, si rende conto che tutti conoscevano Tatunca Nara e che la sua storia e’ reale, e poteva essere verificata. Dopo due anni incontra nuovamente il capo degli indios e decide di andare insieme a lui per vedere la città perduta e quella sotterranea del popolo di Tatunca. Nel frattempo, Karl pubblica un libro dove parla dell’ incredibile storia che gli fu raccontata; adesso, finalmente, è sul punto di vedere con i suoi occhi quello che aveva ascoltato, ma mentre prepara la sua definitiva spedizione per raggiungere AKAKOR, la città perduta, insieme con Tatunca Nara, viene ucciso a Rio de Janeiro. Altre persone, che per loro sfortuna, si interessarono al lavoro di Karl, morirono “fortuitamente” e, tutto il materiale raccolto dallo scrittore, venne sequestrato.
Troppi morti e tante stranezze in questa storia.
Il libro originale in Italiano, che comprai circa vent’anni fa ed ormai fuori catalogo, e’ qui, nelle mie mani; sono dell’idea che questi siano i tempi giusti per riparlarne; il racconto e’ interessantissimo ed appassionante, e molti di voi che lo leggeranno sapranno cogliere collegamenti con tantissime altre leggende e mitologie; il primo collegamento lo farò io, perché cronologicamente parlando, e’ l’ultimo che si possa fare: e’ notizia di pochissimo tempo fa, ed e’ stata data da una prestigiosa rivista inglese di archeologia, ebbene, dopo accurate analisi di foto satellitari dell’Amazzonia, e’ stata rilevata, senza possibilità di equivoco, la presenza di enormi strutture geometriche, a malapena emergenti dalla fittissima vegetazione, in luoghi remotissimi, non ancora raggiunti dalla cosiddetta “civiltà”. Molti altri missionari e conquistadores, dissero le stesse cose in passato… ma adesso, ci sono le prove!
LA CRONACA DI AKAKOR, e’ stato scritto su legno, poi su pelle e successivamente su pergamena, conservata dai sacerdoti, come la più importante eredità. Il Vescovo Grotti e’ stato l’unico bianco a vedere l’originale, ma venne ucciso, e, secondo Tatunca Nara, gli appunti da lui presi sono stati trafugati dal Vaticano. Il libro abbraccia il tempo della colonizzazione degli dei, fino a giungere alla nostra epoca. Eccoci, ora siamo pronti a cavalcare il remoto passato, ed a scoprire l’origine del popolo degli UGHA MONGULALA, e, forse, anche del NOSTRO. “Questa e’ la storia dei servitori eletti. In principio c’era il caos. Gli uomini vivevano come animali allo stato brado e senza leggi, senza lavorare la terra, senza coprire la loro nudità. I segreti della natura erano a loro sconosciuti. Vivevano in piccoli gruppi in caverne e grotte, come il caso li aveva uniti, e camminavano carponi. Poi giunsero gli Dei. Essi portarono la Luce.”
La Cronaca di Akakor comincia nell’ora Zero, quando gli Dei ci abbandonarono. A quei tempi Ina, il primo principe degli Ugha Mongulala, decise di far mettere per iscritto tutti gli avvenimenti della vita della nostra gente, “con chiara scrittura ed in buona lingua”. I Primi Maestri arrivarono nel 13.000 A.C. Secondo la cronologia dei bianchi, apparvero all’improvviso nel cielo brillanti navi d’oro, e ci rimasero fino al 10.481 A.C. anno della loro partenza. Gli stranieri ci dissero che la loro patria si chiamava Schwerta, un mondo lontano nelle profondità del cosmo: un immenso impero, formato da mondi numerosi come i granelli di polvere di una strada. Ogni 6.000 anni i due mondi, il nostro ed il loro, si incontrano. Vennero sulla Terra 130 famiglie, e ci riconobbero come fratelli. Divisero ogni frutto della terra, ci insegnarono le loro leggi, anche se gli uomini facevano resistenza come bimbi ostinati. Per questo loro amore verso di noi, per quello che dovettero sopportare per colpa degli uomini, pazientemente e senza stancarsi per insegnarci, noi li veneriamo come i nostri portatori di luce. I nostri artigiani riprodussero i signori di Schwerta: corpo esile, simili agli uomini, tratti del viso molto delicati, pelle bianca capelli neri con riflessi blu, gli uomini portavano una folta barba, ed erano fatti di carne come noi; ma avevano un segno divino, 6 dita alle mani ed ai piedi. Tra tutti i popoli gli Dei, scelsero delle famiglie elette, ed ammesse a vivere con loro, ad essere servitori ed alleati, e ad essi insegnarono il loro testamento; essi sono gli Ugha Mongulala, ossia la “tribù degli alleati eletti” nella lingua dei bianchi. E noi siamo come loro, alti, occhi a mandorla, naso aquilino, folta capigliatura nero-blu, ma noi abbiamo solo 5 dita. Gli Dei, tracciarono canali, strade, seminarono piante nuove, allevarono animali. Akakor la capitale, fu edificata 14.000 anni fa dai nostri antenati, sotto la guida dei Maestri; aka significa fortezza, kor il numero 2. Akanis, la numero uno si trovava in Messico, ed Akakim la numero 3 venne edificata circa 7.000 anni dopo. Akakor si trovava in una valle dell’altopiano sulle montagna alla frontiera di Brasile e Peru; per tre quarti era protetta da roccia, sul quarto verso est, si apriva una vasta pianura, che declinava dolcemente verso la giungla della foresta. Tutta la città era circondata da un muro di pietre, nel quale si aprivano 13 porte molto strette. La pianta diAkakor era rettangolare, due strade principali s’incrociavano e dividevano la città in 4 parti, al centro vi era un tempio rivolto ad est. Altre città vengono nominate nella Cronaca: Humbaya e Patite in Bolivia, Emin e Cadira in Venezuela. Tutte queste vennero distrutte 13 anni dopo la partenza degli Dei, da un immane catastrofe. I nostri antichi padri costruirono altre tre città: Salazare, Tiahuanaco, e Manoa, queste furono le residenze terrene dei Primi Maestri e zone proibite. In ognuna di esse si ergeva una grande piramide a gradini, con una larga scala, ed in cima una piattaforma, dove gli Dei celebravano riti a noi sconosciuti. Con i miei occhi ho visto solo Salazare: dista 8 giorni da Manaus sul grande fiume, e tutti i palazzi e templi sono coperti dalla vegetazione. Esiste una tribù che vive prevalentemente sugli alberi che uccide chiunque vi si avvicini, io potei avvicinarmi essendo la mia tribù anticamente legata alla loro. Queste città sono un mistero: testimoniano una scienza ed un sapere superiori, del tutto incomprensibile all’uomo d’oggi. Per gli Dei le piramidi erano abitazioni e simboli della vita e della morte, del sole della luce e della vita. I Primi Maestri ci hanno insegnato che esiste un “luogo spazio” tra la vita e la morte, tra la vita ed il nulla, che appartiene ad un’altra dimensione. Per loro le piramidi erano un mezzo per raggiungere la seconda vita. Ora Akakor è distrutta secondo mio ordine, approvato dal Consiglio Supremo, e dai sacerdoti; era troppo visibile per i bianchi barbari. Così abbiamo rinunciato alla nostra capitale per rifugiarci nell’ultimo regalo fattoci dagli Dei, 13 città sotterranee nascoste sotto le Ande. Sono disposte a formare una costellazione. Akakor, la principale, è la copia della città distrutta da noi; vi sono gallerie larghe come 5 persone allineate, che collegano le città, Budu, Kisch, Boda, Gudi, Tanum, Sanga, Riono, Kos, Aman, Tat e Sikon, tutte illuminate con luce artificiale tranne Mu, la più piccola delle 13, che possiede condotti fino alla superficie, che convogliano la luce naturale ad un enorme specchio, con la funzione di spargere la luce del sole ovunque. Tutte le città hanno acqua corrente che sgorga dalle montagne, con piccole canalizzazioni che provvedono a rifornire ogni singola abitazione. L’aria per respirare esce dalle pareti. Le entrate in superficie sono nascoste accuratamente, chiudibili accuratamente con portali in pietra, in caso di pericolo. Nessuno sa nulla sulla edificazione di queste dimore sotterranee. Esse hanno resistito per migliaia d’anni, all’attacco di tribù selvagge e all’avanzare dei barbari bianchi, che risalivano il Grande Fiume in numero infinito, come formiche. Secondo le profezie dei nostri sacerdoti alla fine scopriranno Akakor, e li troveranno la loro immagine. Allora il cerchio si chiuderà. Così è scritto: “Da Akakor regnarono gli Dei. Regnarono sugli uomini e sulla Terra. Avevano navi che solcavano il cielo più veloci degli uccelli. Avevano pietre magiche per guardare in lontananza. Si potevano vedere città, fiumi, colline, laghi. Tutto quanto accadeva sulla Terra e nel Cielo, poteva essere visto in quelle pietre. Ma la cosa più meravigliosa erano le abitazioni sotterranee, e gli Dei le consegnarono ai loro servitori eletti come ultimo testamento, perché i Primi Maestri sono del loro medesimo sangue e del medesimo padre.”
Nel 10481 a.C., secondo il calendario dei barbari bianchi, gli Dei abbandonarono la Terra. Essi chiesero ad Ina, il loro confidente, di mantenere vivo il ricordo, e di trasmettere per sempre i loro principi nel nome della loro fratellanza. Ora il sacro dovere era accompagnare il popolo eletto, gli Ugha Mongulala, nelle dimore sotterranee, affinchè siano al sicuro dalla catastrofe che stava per venire. L’impero, che si estendeva in quasi tutto il sud america comprendeva 362 milioni di persone, e, fra loro, 2 milioni erano della tribù eletta, scelta dai nostri Padri provenienti dal Cielo. Tredici anni dopo, come annunciato, la catastrofe arrivò e fu immane: non vi erano più stelle, sole e luna,caos e buio ovunque, dal cielo colava resina, e nel crepuscolo gli uomini si uccidevano fra loro per procacciarsi il cibo.
Chi la provocò? Esisteva un altra razza: erano simili agli uomini, con la pelle rossiccia, lunghi capelli, cinque dita alle mani ed ai piedi, ma sulle loro spalle crescevano teste di serpenti, tigri, falchi ed altri animali, disponevano anche loro di una scienza avanzatissima pari agli Dei, e governavano su un immenso impero. Usarono armi potenti come il Sole, nella loro guerra, ma la tribù eletta si salvò grazie ad Akakor inferiore. La faccia dell’intero continente venne deformata dai terremoti che mieterono milioni di vittime, ed anche il clima e le stagioni cambiarono radicalmente da quei giorni. Tutto ciò che vi era in superficie venne spazzato via, ed anche molte città sotterranee subirono gravi danni; i sopravvissuti vissero come bestie per migliaia d’anni, finchè nel 6351 a.C., le tribù degenerate si allearono, per sconfiggerci ed uccidere il principe Uma, il nostro reggente, e vi riuscirono così i gran sacerdoti, che divennero corrotti, non trasmisero più l’antica sapienza, ma si sentirono onnipotenti e trascinarono ai più crudeli sacrifici, e all’idolatria il popolo. Fu terribile, solo pochi di noi, riuscirono a chiudersi dentro alcune città sotterranee per trovarvici rifugio e resistere ancora per migliaia d’anni, mentre in superficie la degenerazione era al suo apice. Gli Dei dall’alto assistettero a questa sciagure, ma un giorno il loro sconforto crebbe a tal punto che decisero di punire l’uomo: inviarono una enorme stella con una lunga coda rossa coprente tutto il cielo, più luminosa di mille soli, per distruggere tutta la creazione, uomini piante ed animali. Piovve per tredici lune e ogni cosa affogò, tranne i sopravvissuti delle tribù elette, al riparo in basso nei loro rifugi. Solo Madus, un uomo coraggioso, osò risalire in superficie per osservare l’orrore; non v’era più nulla di vivo a perdita d’occhio, tranne della vegetazione e pochissimi animali. Egli in preda alla tristezza e all’ira strappò quei pochi alberi rimasti integri, e vi formò una zattera su cui accolse una coppia di animali per ogni specie che incontrò. L’acqua crebbe per tredici lune, non vi erano più montagne oramai, sommerse dalle furie delle acque, ma improvvisamente, le nubi si squarciarono comparve il Sole e con lui, i Primi Maestri, che come avevano preconizzato “Quando la disperazione giungerà al culmine Noi torneremo”! Madus liberò gli uccelli e gli animali e rientrando ad Akakor annunciò la fine dell’Era del Sangue. Nel 3166 a.C., gli Dei attesi con tanto desiderio, quindi, tornarono; rimasero tre lune ma due di loro si fermarono con noi,i loro nomi erano Lhasa e Samon che volò ad Est dove fondò il suo impero. Lhasa con i sopravvissuti ricostruì l’antico splendore, si fecero nuovi confini, case e fortezze, si consolidò l’alleanza con un popolo a noi confinante gli Incas, ed infine si costruì una città santa Machu Picchu: fu un impresa titanica e quattro generazioni bastarono a malapena per completarla, ma al termine Lhasa vi si trasferì e regnò per trecento anni creando uno stato possente come solo un Dio potrebbe fare; Egli poteva anche cambiare il suo aspetto a comando e tutti vi si inchinavano. Lhasa volò molte volte da Samon a Est, con uno strano veicolo che passava sulle acque e sulle montagne; Samon aveva edificato il suo regno all’imbocco di un grande fiume che viene ora chiamato Nilo, e Lhasa per permettere degli scambi tra le due terre costruì Ofir , dove il Rio delle Amazzoni si congiunge al mare, e la città divenne in breve ricchissima, grazie al nostro oro ed argento, scambiato con preziosi papiri, pietre verdi meravigliose e legni e tessuti pregiati, di cui erano colme le imbarcazioni del popolo di Sarmon; per ben mille anni durò il suo splendore, poi venne conquistata ed incendiata, ma noi ad Akakor abbiamo conservato alcuni di quei beni, ed anche due straordinarie macchine volanti metalliche. Un giorno per noi nefasto, trecento anni dopo il suo arrivo, Lhasa prese la sua macchina volante, ed il principe, dopo aver dettato i suoi ultimi voleri agli anziani, partì verso le stelle. Ma noi ad Akakor, e circa 500 anime ancora presenti ad Akahim, situata nel sottosuolo fra Brasile e Venezuela, e collegata ancora con noi con una galleria sotterranea, sappiamo che torneranno ad aiutare noi, i loro fratelli: perché così è scritto nella Cronaca, e cosi sarà.
Il Credo della tribù eletta dagli Dei, si differenzia fondamentalmente dalla falsa fede dei barbari bianchi. Essi adorano la proprietà, la ricchezza ed il potere come un Dio e pensano che nessun sacrificio sia troppo grande pur di avere più del proprio vicino; invece i nostri Dei ci hanno insegnato come vivere e come morire. C’insegnarono che il corpo nasce e perisce, trasformato giorno dopo giorno dall’alimentazione e, per questa ragione, non può rappresentare la nostra vera vita. I nostri sensi dipendono dal nostro corpo, e sono portati da lui come la fiamma di una candela: quando la candela si spegne anche i sensi si spengono, perciò anche loro non possono rappresentare la vita Reale. Il nostro corpo, quanto i nostri sensi, sono soggetti al tempo, nel tempo mutano e solo la Morte è il mutamento definitivo, in quanto essa distrugge ciò di cui possiamo fare a meno.
Il vero Io, l’Essenza, è al di fuori del tempo. E’ immortale. Dopo la morte del corpo ritorna da dove era venuto: come il fuoco usa la candela per rendersi visibile, così l’Io usa il corpo per rendere visibile la sua vita. Dopo la morte, il vero Io, ritorna al principio del tempo, all’origine del mondo, nel grembo dell’Assoluto, nell’Eternità.
L’uomo fa parte di un immenso e misterioso disegno cosmico che si svolge nei cieli, diretto da una legge eterna; i nostri Primi Maestri conoscevano questa legge e ci insegnarono i segreti della seconda vita, che la morte del corpo è insignificante e che solo l’immortalità dell’Io è importante, libero dalla materia e dal tempo.
Alla metà dell’undicesimo millennio, intorno al 600 d.C., per il vostro calendario, l’impero degli Ugha Moungulala superò il suo zenit. Le tribù selvagge espugnavano le fortezze di frontiera, vi erano rivolte nelle tribù alleate, l’avvento sempre più incalzante dei barbari bianchi, e gli Incas, antichi fratelli oramai divenuti dei nemici idolatri, giunsero fino alle mura di Akakor; ma ecco che, ancora una volta, quando più lo necessitavamo, una notizia giunse a noi: strani valorosi guerrieri stavano risalendo impetuosamente il Grande Fiume, con le loro mogli e figli, alla ricerca dei loro Dei. Fu cosi’ che giunsero a noi i Goti.
Essi erano i discendenti di Samon, che atterrò migliaia d’anni prima sulle rive del Nilo, ed anche loro erano, quindi, nostri fratelli, figli dei principi del Cielo. Il loro capo, Cacciatore Selvaggio, era saggio e coraggioso: quando tutto sembrava finito per loro dopo millenni della loro storia a causa di un massiccio attacco di uno straordinario popolo, i Vichinghi, egli li salvò, stringendo all’ultimo un’ alleanza che, tuttavia, li costrinse a partire; così navigarono per trenta lune all’affannosa ricerca delle loro origini; esplorarono tutti gli angoli del pianeta, finchè ci trovarono nel 570 d.C.
I Goti erano oltre mille, soldati esperti, ed abilissimi agricoltori e tessitori. Ci insegnarono l’utilizzo del Ferro, metallo a noi, che lavoravamo solo oro argento e bronzo,sconosciuto. Grazie alle corazze così ottenute, sgominammo gli avversari, e grazie all’uso intensivo di nuove sementi e tecniche di coltivazione, il nostro impero rifiorì.
La pace durò quasi mille anni dal 570 d.C., dove solo noi e i discendenti di Viracocha il figlio ribelle degenerato, gli Incas, avevamo diviso il territorio, ed in pace ed armonia governavamo, anche se solo da noi vigevano le leggi lasciateci dai Principi Celesti.
Nel 1531 d.C. giunsero notizie di un popolo con la barba che navigava su grandi battelli, alti, bianchi, forti e poderosi come Dei; pensammo ad un loro ritorno ed organizzammo fuochi festosi, la gioia si diffuse ovunque, gli Dei erano tornati! Fu un crudele inganno, i barbari bianchi come ancora oggi li chiamiamo, distrussero l’impero degli Incas, uccisero uomini donne e bambini a milioni, eressero templi con la croce.
I giorno terribili cominciarono, quando il Sole e la Luna si scucirono, diventando rossi come sangue.
Cinque anni dopo il loro arrivo l’impero Inca era in rovina, pochi sopravvissero, alcuni furono fatti schiavi, ed altri scapparono nella foresta trovando rifugio da noi, fra le nostre mura; ma un giorno gli Spagnoli, così venivano chiamati i barbari, seppero di noi popolo eletto e vennero a cercarci. Il Principe Umo ed i più vecchi del consiglio decisero la ritirata, per quanto molti furono di parere contrario. Le città di frontiera vennero distrutte, ed anche Machu Pichu, la città sacra di Lhasa, venne abbandonata; file di portatori trasportarono per i ripidi passaggi delle montagne, gioielli, offerte, oggetti preziosi e tutte le provviste ad Akakor, tutte le entrate alla città vennero accuratamente nascoste e bloccate da pietre enormi.
Molti bianchi tentarono di avvicinarsi ad Akakor ma tantissimi di loro morirono a causa delle frecce avvelenate delle tribù alleate e per le malattie contratte nella Foresta. Solo un gruppo raggiunse i dintorni della capitale; sul monte Akai, a tre ore di distanza a piedi da Akakor, si svolse una memorabile battaglia, che si protrasse per molto tempo. Un giorno, infine, un’ imboscata al nemico li costrinse alla resa, molto di loro perirono, ma alcuni vennero incatenati e condotti in città, dove venivano guardati con un misto di orrore, reverenza e disprezzo. Il Sommo Sacerdote parlò loro domandando il motivo di così tanto sangue e violenza, ma il cuore dei barbari bianchi era troppo duro per comprendere, ed impiegarono molto tempo prima di capire la loro sorte: lavorare incatenati nelle miniere d’oro e di argento, fino alla fine dei loro giorni.
All’inizio del millesettecento la guerra alle frontiere, ad ovest del nostro territorio attraversava un temporaneo periodo di calma. Gli Spagnoli erano stanchi delle terribili battaglie sopportate e rinunziarono a tentare d’insediarsi nella regione orientale delle Ande, tralasciando così d’attaccare Akakor; oramai v’era solo una vasta terra di nessuno sorvegliata solo dai nostri esploratori, ma, se e’ vero che gli Spagnoli smisero d’attaccarci alla sinistra del nostro impero, non smisero da destra ed anzi, risalendo il Grande Fiume, raggiunsero gli accampamenti delle Tribù Elette nostre alleate, le quali, ricordando l’atroce fine degli Incas, divennero prudenti, ed evitarono lo scontro con il nemico in campo aperto ripiegando nella foresta, lasciando i villaggi deserti e colpendo poi con imboscate, così che i nemici trovarono solo macerie e dovettero patire i disagi della fame e della sete; la natura li uccise e noi contribuimmo con le nostre frecce avvelenate.
Mentre l’ottimismo saliva, accadde un fatto inaspettato: molte Tribù Alleate periferiche non vollero più obbedire al Testamento degli Dei, e cominciarono ad adorare il simbolo della croce. Iniziò la Tribù della “Facce Storte”, che contava ottantamila uomini, a tradirci dichiarandoci guerra; a loro si unirono la “Tribù della Gloria Crescente” e la “Tribù degli uccisori di Tapiri”: noi tentammo di sfuggire loro, ma fecero una carneficina e solo pochi di noi scamparono alla morte rifugiandosi nelle regioni maggiormente inaccessibili; con il passare dei secoli i loro discendenti si unirono alle tribù selvagge, conservando solo la pelle bianca dei servitori degli eletti, testimonianza della loro origine divina. Ci salvammo con una tattica vincente: i nostri guerrieri scelti, dipintisi con i colori delle tribù ribelli, uccisero i nemici bianchi lasciando dietro segnali delle tribù traditrici, così loro si vendicarono crudelmente su quelli che fino ad allora erano stati i loro alleati, trucidandoli tutti.
L’oscurità s’avvicinava ad Akakor ma prima di toccare i nostri confini, si scagliò sulla nostra nazione sorella Akahim.
Le Tribù Alleate prima del loro annientamento ne rivelarono la dislocazione agli Spagnoli, ed il loro Gran Consiglio dovette fare la nostra stessa gravosa scelta, ritirarsi.
Di nuovo un evento senza precedenti accadde: le donne abbatterono il Gran Consiglio, presero il potere sotto la guida della coraggiosa Mena, e costrinsero gli uomini a prendere archi e frecce per l’attacco, guidati da loro stesse e dalle loro frecce incendiarie; fu un capitolo glorioso ma le morti da ambo le parti erano incommensurabili, resistettero per anni ma alla fine dovettero ripiegare nelle dimore sotterranee.
Oggi vi sono circa diecimila “Amazzoni”, così venivano chiamate, che vivono sotto terra nelle montagne di Parima, emergendo solo raramente per cacciare ed accudire i loro campi. Una discendente di Mena è il sovrano assoluto, circondata da un Alto Consiglio composto solo da donne, che hanno nelle comunità le più alte cariche, gli uomini sono semplici soldati o lavorano i campi. Hanno ancora il “Testamento degli Dei” che li guida spiritualmente, ma ci sono rilevanti differenze: nella mia città, ad Akakor, le donne sono serve fedele degli uomini, felici del loro compito e di dedicarsi alla famiglia con amore, ad Akahim invece, non esiste il matrimonio, le donne si uniscono ad un uomo solo durante la gravidanza, poi lo respingono; dal dodicesimo anno d’età le ragazze vengono addestrate alla guerra e all’amministrazione della città, i ragazzi divengono schiavi costretti a lavorare infelici per tutta la vita. Molti di loro scappano tentando di raggiungerci, per unirsi con le nostre ragazze ed avere una compagna fedele con cui formare una famiglia.
Gli Dei si facevano attendere, i barbari bianchi lentamente ma inesorabilmente avanzavano, come formiche, conquistando la Grande Foresta,ed integrandola nel loro Impero. Ma noi, gli Ugha Mongulala, non eravamo battuti: vivevamo ancora secondo le leggi di Lhasa e protetti dalla saggezza e dalla divina conoscenza dei nostri primi Maestri, seguivamo il nostro sacro “Testamento degli Dei”.
Niente del Testamento andò perduto, né le loro conoscenze né i loro documenti con scritti misteriosi, mappe e disegni fatti dagli Dei raffiguranti l’enigmatica preistoria del nostro pianeta.
Una delle carte mostra, che la Luna non è la prima e neanche l’unica nella storia della Terra; la Luna che conosciamo cominciò a girarci intorno centinaia di migliaia d’anni fa, quando il mondo aveva un’altra faccia. Ad Ovest esisteva una grande isola, ma durante la prima Grande Catastrofe, causata dalla guerra tra le due razze di Dei, sparì sotto un’immensa massa d’acqua; la devastazione colpì non solo noi, ma anche i mondi di Venere e Marte, così come li chiamano i barbari bianchi.
I nostri sacerdoti avevano appreso il movimento delle stelle, sapevano far volare oggetti nello spazio, aprire il corpo di un malato senza toccarlo. Sapevano comunicare col pensiero a grande distanza, non i particolari, ma i loro sentimenti, la tristezza o l’allegria.
Il mio popolo non teme il confronto con i bianchi su temi spirituali: loro sanno fare prodigi e grandi cose, ma non hanno fatto nulla di più di quello che fecero gli Dei, e, cosa più importante, non hanno saputo conquistare la felicità in vita, che da noi è stata sempre semplice e serena grazie agli insegnamenti dei Padri Celesti: i sentimenti passeggeri ci sono estranei, la felicità la tristezza il calore ed il freddo non hanno alcun significato per noi, siamo realmente liberi. Solo chi conosce questa verità, il vero significato della vita e della morte, può entrare nella seconda vita, perché il nostro vero io, l’Io essenziale, non e’ soggetto al tempo né allo spazio, non lo si può distruggere e non conosce la nascita o la morte, al contrario di voi, dove con la morte tutto finisce. Noi abbiamo un solo scopo nella vita, servire la comunità, e due nemici principali, l’avidità e l’ira. Per i nostri Padri tutti gli uomini hanno pari dignità.
Noi conserviamo in una grotta segreta tutto ciò che ci hanno lasciato gli Dei, ed i loro insegnamenti sono incisi in un materiale verde azzurro sconosciuto che né l’acqua nè il fuoco possono distruggere; conserviamo il vestito di Lhasa, le sue armi ed il bastone da sovrano; dei Goti conserviamo le teste di drago delle loro navi, i loro elmi alati di ferro, le loro armature e spade. Vi sono inoltre vasi, manufatti e strumenti musicali, fra cui dei grandi corni fatti di conchiglie che usiamo nelle cerimonie funebri: il loro suono profondo e triste accompagna l’essenza dell’Io sulla sua strada verso la seconda vita.
Vi sono infine molti oggetti preziosi una volta posti nei templi, ed i vestiti, le armi ed il simbolo, una croce nera su un tessuto bianco, dataci dai nostri ultimi alleati, che ci trovarono nel 1941 d.C.: i Tedeschi.
La Cronaca di Akakor è la storia degli Ugha Mongulala, come i nostri Primi Maestri discesi dal Cielo chiamarono il mio popolo. Tramite la Cronaca, viene rivelato ciò che per i barbari bianchi è nascosto e misterioso: il periodo in cui gli Dei erano sulla Terra, le dimore sotterranee lasciateci da Loro, le gesta di Ina il primo principe e diretto discendente, l’impero di Lhasa loro figlio, le grandi catastrofi, l’arrivo dei Goti con le loro navi, il declino dell’impero, l’alleanza con i tedeschi.
Le schermaglie tra noi ed i bianchi continuavano incessantemente, anche se rare erano le grandi battaglie. Una avvenne nel 1936 d.C., quando una spedizione uccise tutta la tribù alleata dei Cuori Neri e ne saccheggiò le tombe in cerca d’oro; il nostro popolo gridò vendetta ed il principe Sinkaia si mise alla testa degli Ugha Moungulala e con guerrieri scelti attaccammo un villaggio di bianchi chiamato Santa Maria; uccidemmo tutti, solo tre donne scamparono all’attacco e furono fatte prigioniere, ma tre di esse annegarono nel fiume tentando di scappare. Reinha la donna rimasta viva, veniva da un paese lontano chiamato Germania, portata dai suoi capi per convertire le tribù degenerate al simbolo della croce; subito si guadagnò la fiducia della mia gente, aiutando i feriti e discorrendo con i sacerdoti per scambiare informazioni sul testamento dei Maestri. Il principe Sinkaia, primogenito di Uma discendente di Lhasa figlio degli Dei, la osservava con attenzione, nutrendo un forte affetto per lei, finchè lei saputo ciò, rinunciò alla croce, per diventare Principessa. Nel 1937 Reinha diede un figlio a Sinkaia, e nacqui io Tatunca Nara, il primogenito. Quattro anni dopo Lei tornò a casa, prese accordi ad Est, sull’Oceano, e con una nave partì come nostra ambasciatrice; dopo ventidue lune tornò con tre capi del suo popolo e concordammo un patto: la tribù moriva di fame sotto i colpi dei bianchi, ma i tedeschi promisero di tornare con un esercito armato con l’intento di sgominare tutti i nostri nemici, ed a quel punto loro si sarebbero tenuti tutte le città costiere e noi tutte le regioni del Grande Fiume, un tempo nostre. Tornammo allegri e facemmo grandi feste, animati dalla speranza dataci. Tra il 1941 ed il 1945 continuarono ad affluire soldati tedeschi: si imbarcavano in una città chiamata Marsiglia, ed a bordo di una nave che si muoveva sott’acqua giungevano alla foce del Grande Fiume, dove li aspettavano i nostri alleati che li accompagnavano da noi tra il Brasile ed il Perù, dopo un viaggio che durava circa cinque lune. Portavano con loro armi che maneggiammo per la prima volta, cannoni, fucili, pistole, granate, e strane tecnologie come barche gonfiabili, case di plastica, occhiali per vedere da lontano, strani gas mortali.
Ci preparammo per il grande attacco finale, fiduciosi che dal mare un impressionante legione di tedeschi alleati ci avrebbe supportato: eravamo dodicimila pronti a tutto. Ma l’ordine di attacco non venne mai dato, giunse un ultimo gruppo di tedeschi con tristi notizie, essi avevano perso!
Forze immani avevano distrutto il loro paese e nessuno sarebbe venuto ad aiutarci.
Ci ritirammo, ma dovemmo decidere che fare dei soldati tedeschi che non avrebbero mai più potuto tornare a casa.
Essi non conoscevano il Testamento degli Dei, non comprendevano la nostra lingua, né la nostra scrittura. Infine Reinha ebbe la meglio al Gran Consiglio, impose la sua volontà, e, come i Goti 1500 anni prima, divennero parte integrante del mio popolo.
I Sacerdoti fecero un ottimo lavoro, unirono i simboli della scrittura dei nostri Padri, con le lettere dei soldati, ed adottarono alcuni vocaboli della loro lingua, così in breve la comunicazione non fu un ostacolo utilizzando la nuova lingua tedesco/quechua; inoltre per facilitarne l’integrazione, ad alcuni dei loro capi vennero affidate alte cariche amministrative.
Essi ci cambiarono la vita, usando il legno per fare letti tavoli e sedie, migliorarono i nostri telai insegnando alle donne a tessere nuovi abiti coprenti tutto il corpo, disboscarono due valli e vi piantarono patate e grano, allevarono grandi mandrie di pecore, e, più importante, formarono le loro famiglie dando ai loro figli, come nostra tradizione, nomi di animali selvaggi, di forti alberi, di torrenti veloci, di alte montagne.
Facevano sempre e bene il loro dovere.
Alla fine di ogni Luna, si riunivano per una festa sulla cima del Monte Akai, cantavano canzoni della loro terra e bevendo il succo di mais fermentato si cimentavano in tornei di un gioco chiamato Scacchi, facendo festa fino a notte fonda, per poi tornare in piena serenità alle loro abitazioni e riprendere la vita con le loro famiglie.
Io Tatunca Nara, ultimo discendente della stirpe degli Dei e capo della Tribù Eletta Ugha Moungulala, dovetti affrontare l’ultima e più pericolosa minaccia da parte dei barbari bianchi nel 1963; essi scoprirono le miniere d’oro degli Incas, nostro popolo alleato, e misero tutte le loro forze per saccheggiarle e trovarne altre nel nostro territorio. Nuovamente scoppiò un grandissimo conflitto, con gravi perdite da ambo le parti. Nel 1968, un uccello metallico volante dei bianchi, precipitò: io disubbidii al Gran Consiglio e non uccisi i superstiti, ma li riaccompagnai nella loro città, con la speranza di essere ascoltato dai loro capi e porre fine all’assedio.
La città si chiama Manas, piena di gente che corre, si spinge, a bordo di macchine puzzolenti e rumorose, con case altissime dove la gente che vi abita accumula tutti i suoi beni. Si scambiano pezzi di carta in cambio dei loro beni, e più si ha questa carta, più si ha valore nella loro società, venerato come fosse un Dio; ciò genera inganni e tradimenti, solo per avere quella carta preziosa, così i loro cuori sono pieni di perfidia verso tutti, anche verso i propri fratelli. La città sembra un formicaio, sempre satura di persone di giorno e di notte, anche se la notte sembra non vi sia mai, essendoci sempre grandi lampade a rischiararla: la gente attratta dalle luci, si riunisce in sale, dove bevono cose stranissime, per ottenere allegria e spensieratezza, visto che in altri modi non la ottengono. Si siedono di fronte a bianche pareti, con occhi sbarrati a guardare figure che si muovono, e di fronte a grandi case illuminate ad ammirare oggetti messi lì in fila. Lavorano sempre e si lamentano sempre. Raramente sono
allegri e se lo sono non ridono; sono spesso tristi ma non piangono. Sono esseri ostili e all’interno divisi. Restai nella città per poco tempo, ospite degli ufficiali che liberai, poiché un messaggero venne a cercarmi per comunicarmi che mio padre il principe Sinkaia, oramai molto
anziano, era stato ferito gravemente ed era in fin di vita.
Salutai gli ufficiali e ripartii. Mio padre morì poco dopo ed io venni portato dal Gran Consiglio nei sotterranei di Akakor per essere accettato dagli Dei. Condotto lì, mi lasciarono solo, ed una voce proveniente dalle rocce, mi indicò un tragitto, lì vidi cose mirabolanti finchè non mi trovai davanti a delle pietre trasparenti dove 4 esseri, 3 uomini ed una donna, con 6 dita alle mani ed ai piedi, erano immersi fino al petto in un liquido. La voce riprese a parlarmi e ciò che mi disse mi turbò, ma ricevetti l’ordine di non comunicarlo mai a nessuno. Più tardi venni portato all’aperto dai sacerdoti, dove la gente festeggiava la mia accettazione da parte degli Dei. Menzionai quegli esseri ai sacerdoti ma nessuno di loro sapeva nulla, chi li aveva messi li? erano vivi?morti?..e quella strana voce?…nessuno sapeva.
Così erano gli Dei, misteriosamente loro guidano le sorti dell’umanità.
Il Gran Consiglio da me guidato, si riunì nuovamente: i barbari bianchi, erano sempre più vicini a scoprire Akakor, fecero molti prigionieri, ma se uno di noi veniva catturato, non mangiava ne beveva fino alla morte, resistendo a qualsiasi forma di tortura. Io feci distruggere qualsiasi strada portasse da noi, e per evitare di essere scoperti dagli aerei (imparai che si chiamano in questo modo), feci ricrescere la vegetazione sulle cime di ogni edificio, così in pochi mesi la foresta ci coprì totalmente. Nel 1969 ritentai la via del dialogo, e mi recai a Rio Branco fra Brasile e Bolivia, facendomi
ricevere dal loro Sommo Sacerdote (n.d.r. si trattava del vescovo della città), egli acconsentì ad accompagnarmi ad Akakor per verificare le mie affermazioni, in cambio di aiuti e della cessazione della battaglia. Stette con noi qualche giorno, poi gli demmo sei lune di tempo per tornare, ed alcuni manoscritti originali dei nostri Padri Celesti.
Aspettammo invano, le nostre prove furono inviate in una città chiamata Roma, e lui, sapemmo poi, morì.
Era il 1970 quando smettemmo di combattere; dopo l’ultima riunione, decidemmo di usare la polvere esplosiva dei nostri compagni tedeschi, e distruggemmo tutto ciò che un tempo era nostro, lasciando che la Foresta Amazzonica ne inghiottisse le ceneri. Tutte le tribù alleate si arresero tranne una, i mangiatori di Serpenti, che accompagnò il mio popolo nelle dimore sotterranee, ed altre 5, che tentarono di resistere sul territorio. Di noi solo 5000 dal 1971 vivono in superficie per accudire i campi, ma non appena il nemico appare, si ritirano. Ora noi siamo 30,000 e viviamo in 3 dimore sotterranee, le altre sono in rovina, ed una è usata come magazzino. Abbiamo, come un tempo, la luce, l’aria, e gli enormi portali in pietra si muovono, come migliaia d’anni fa, con precisione. I tedeschi studiarono pazientemente tutta la tecnologia presente, fecero delle mappe esatte e studi, ma nessuno riuscì a spiegarla; ora loro sono come noi, i loro figli ed i nostri sono uguali.
Questo è un periodo di apprendimento attesa e contemplazione, ed il nostro cuore è triste pensando ai Tempi d’Oro, quando gli Dei furono tra noi. Pensiamo soprattutto a proteggerci dagli assalti fuggendo nel sottosuolo, però noi, gli Ugha Moungulala, la Tribù eletta, abbiamo la certezza che un giorno Loro torneranno, così come promisero quando andarono via.
Dobbiamo essere forti e resistere ai bianchi, e quando uno di loro si avvicina noi lo respingiamo dicendogli con voce forte ed orgogliosa:
“TACI TU: LE TUE PAROLE SONO COME IL BRONTOLIO DEL TUONO E NIENT’ALTRO. RIMANI LONTANO DA NOI CON I TUOI PIACERI E DESIDERI PERVERSI, CON LA TUA INGORDIGIA DI ACCUMULARE RICCHEZZE, LA TUA SUPERBIA ED AVIDITA’, IL TUO VOLER ESSERE SUPERIORE AGLI ALTRI, IL TUO AGIRE INSENSATO, IL CONFUSO GESTICOLARE DELLE TUE MANI, LA TUA AVIDITA’ DI CONOSCERE TUTTO, QUANDO IN FONDO NON SAI NIENTE.”
Così termina la Cronaca di Akakor.
A dire il vero termina con una profezia che non si è avverata, ossia che a partire dal 1981, una guerra sarebbe dovuta scoppiare, dapprima lentamente e poi si sarebbe diffusa in tutta la Terra fino alla quasi totale distruzione del genere umano, mediante armi nucleari. Solo allora sarebbero tornati gli Dei e con Loro le tribù elette; una meravigliosa, nuova, età dell’Oro, sarebbe rifiorita.
Ciò ovviamente non è accaduto, ma per chi, come me ha una visione del futuro “differente” non è una buona ragione per liquidare questo testo, come “un profluvio di ignobili scemenze”…anzi! Ora vi illustrerò tutta una serie di fatti, a difesa di questo apparentemente puerile racconto.
Innanzitutto il futuro: la mia opinione è che il futuro non sia altro che un collasso nel presente, di una fra le tante possibilità.
Il tempo non e’ lineare, quindi matematicamente non prevedibile.
E’ possibile predire qualcosa attingendo più alla statistica, al calcolo probabilistico, avendo così un prodotto che è “una tendenza a…”, piuttosto che “la certezza che domani..” ergo: che il genere umano volga verso il declino, a cui possa susseguirsi una “rinascita” è un evento altamente probabile, anche solo porgendo attenzione al grado di coscienza di chi ci governa. Quindi niente 1981, ma se fosse 2012, 2021, o 2032 non cambia il succo. Inoltre è mia opinione che chi è posto realmente in alto e dirige il mondo lontano dallo sguardo dei mass media, sia ben più scaltro di quanto noi possiamo supporre, ed è capace in un tempo x, di far accadere tutto ciò mentre il 95% della popolazione viva, guarda la tv, oppure va alle urne o allo stadio.
I Toltechi, i Maya, gli Egiziani, gli Indiani, i Celti raccontano tutti che più di 10000 anni fa popoli evoluti abitarono la Terra.
Andate a Nazca, Tiahuanaco, Sacsahuaman (nei pressi di Cuzco), e date una spiegazione logica a ciò che vedete senza parlare di una civiltà superiore all’attuale, se ci riuscite.
Nel 1923 una spedizione partì, penetrando in alcune gallerie alle porte di Lima: su 12, 11 morirono ed uno venne salvato e ricoverato in un manicomio.
Nel 1972 un terremoto sconvolse Lima, rimuovendo le macerie vennero alla luce un gran numero di gallerie perfettamente modellate che conducevano alle Ande, tutte terminavano con una frana che ne ostruiva il passaggio.
Il Popol Vuh, e la Bibbia descrivono, come la cronaca di Akakor, una grande catastrofe. Il Mahabharata, parla di una guerra fra Dei, l’Edda germanica di una insurrezione dei mondi inferiori terminata in un immane disastro. Per Platone nel 9500 a.C. Atlantide si inabissò. Tatunca Nara afferma che nel 10468 a.C. vi fù una guerra fra razze divine.
A Cuzco e a Rio Molar in Argentina, furono trovate iscrizioni ed oggetti in ceramica, identiche allo stile egizio.
Nel Libro dei Morti, il regno di Osiride è in un lontano paese dell’ovest. Akakor?. Per La Cronaca, il regno Divino di Sarmun è in un lontano paese dell’Est.
Pedro de Pizarro, il Peruviano distruttore dell’impero Incaico, popolo totalmente composto da elementi bassi di statura con pelle rossastra, rimase stupefatto quando vide che le donne della Corte Incaica, erano bionde con pelle chiara ed i lineamenti delicati. Ne chiese il motivo, e gli si disse che gli uomini e le donne di carnagione chiara e biondi, sono di stirpe divina.
Machu Picchu, è una rovina archeologica posta a 3000 metri. Nessuno sapeva della sua esistenza, ma grazie alla passione del suo scopritore, Bingham, per le “leggende” locali venne trovata. Nella Cronaca, si spiega che quella città era la dimora di Lhasa, il sublime figlio degli Dei. Col tempo venne lasciata in rovina per sfuggire ai bianchi.
Gli Ostrogoti dominarono l’Italia nel 500 d.C. per una sessantina d’anni finche’ vennero spazzati via dall’imperatore romano bizantino Narsete, nel 552. I superstiti di questo poderoso popolo sparirono senza lasciare traccia. Il mistero si risolve leggendo la Cronaca.
Nel 1961 l’etnologo brasiliano Orlando Vilas Boas, ebbe un primo contatto con una tribù, gli Aruak, la sua relazione recita: “Gli indigeni ci vennero incontro, come se ci avessero attesi. Ci offrirono doni. Dissero che avevano il ricordo tramandato di generazione in generazione del ritorno di benefattori stranieri”. Lo stesso che capitò a Cortez nel primo contatto con gli Incas secoli prima, dove trovarono persone “docili, pacifici, amorevoli, gentili e sorridenti”. Li trucidarono tutti.
Forse il primo rapporto di un bianco che tenta di navigare lungo il Rio delle Amazzoni (impresa, a quei tempi, praticamente ai limiti dell’umano e lunghissima), fu stilata da padre Gaspar de Carvajal nel 1600 circa: narra di enormi città bianche, di mercati sulle sponde del fiume, e di tanta gente vestita con abiti multicolori. Un secolo dopo il gesuita Cristobal de Acuna, confermò il racconto.
Il servizio brasiliano per la protezione dell’Indio ha segnalato casi di Indios, dalla carnagione chiara con gli occhi azzurri.
Desidero non scrivere troppo del legame fra i tedeschi e Akakor; non per cattiveria, ma per dare al lettore il piacere della ricerca.
Solo qualche indizio:
nel 1920, Hitler incontrò il poeta Dietrich Echkardt. Quest’ultimo lo influenzò con le sue teorie sulla origine occulta delle tribù germaniche, parlandogli dell’esistenza di esseri sovrumani nella misteriosa Thule, appartenenti ad una civiltà scomparsa. Nel 1927 scrisse prima di morire: “Io ho dato a Hitler l’opportunità di entrare in contatto con “loro”. Ho influenzato la storia più di qualsiasi altro tedesco, non piangetemi.” Poco dopo la società “Thule” da lui fondata, si trasformò in una loggia segreta da cui nacquero i gruppi: “Edelweiss” le “S.S.” ed infine l’”Ahnenerbe”, tradotto: l’eredità degli antichi avi.
Vi lascio all’enorme mole di documentazione presente in rete sull’argomento, sia scritta che video. Insomma ritengo che le prove a sostegno della veridicità della Cronaca di Akakor siano tante, troppe.
Vi lascio alle vostre congetture esortandovi a cercare le verità dentro di voi, ma prima, concedetemi un consiglio dedicato ai veri “cercatori” assetati di risposte: fatevi un giro a Teotihuacan, pochi chilometri a Nord di Città del Messico, salite sulle piramidi della Luna e del Sole, sedetevi lì con calma e guardate in basso.Fatelo e Saprete.
Articolo di Maurizio Rucco del GRIA
Poco nota? Strano… eppure ci sono state almeno 1.500 spedizioni diverse in 5 secoli ! Più i manoscritti gelosamente occultati negli Archivi del Vaticano…
premessa che non sono l’autore dell’articolo, avendo comunque letto il libro anni addietro, possodirti che il sudamerica è pieno di misteri irrisolti e persino di zone non ben esplorate… ma non ho compreso esattamente a cosa fai riferimento con il “poco nota”
Grande storia molto poco conosciuta e, che io sappia, poco approfondita; anche io ho il libro che acquistai per caso vedendolo in vetrina di una libreria…